Solo lo stato può imporre un obbligo di vaccinazione

Employment Law & Litigation Alert
March.01.2021

Il Tribunale di Messina, con ordinanza del 12 dicembre 2020, ha disposto la disapplicazione del Decreto con il quale l’Assessorato Regionale della Salute della Regione Sicilia disponeva un obbligo di vaccinazione antinfluenzale per gli operatori sanitari, tipizzando altresì una inidoneità temporanea alla mansione in ipotesi di loro rifiuto non giustificato da comprovate esigenze mediche.

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Un infermiere promuoveva un giudizio d’urgenza innanzi al Tribunale di Messina, chiedendo la disapplicazione del Decreto n. 743/2020 emesso dall’Assessorato Regionale della Salute Regione Siciliana, a mezzo del quale veniva «introdotto l’obbligo della vaccinazione antinfluenzale per i medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario» e si disponeva che «la mancata vaccinazione, non giustificabile da ragioni di tipo medico, (avrebbe) comporta(to) l’inidoneità temporanea […] allo svolgimento della mansione lavorativa».

Sotto il profilo operativo, per quanto qui interessa, veniva disposto che le Direzioni Sanitarie «provvede(ssero) a rilevare, attraverso l’istituzione di un apposito data-base, l’avvenuta vaccinazione del personale sanitario […]» con un coinvolgimento «sinergic(o) (del)l’Ufficio del medico Competente (che) sarà coinvolto nella verifica delle certificazioni vaccinali» ed, al termine di ogni finestra di vaccinazione, avrebbe espresso «un parere circa la non idoneità alla esposizione a rischio biologico per coloro che non sono stati vaccinati» e sulla base del quale le direzioni sanitarie avrebbero poi dichiarato la temporanea inidoneità alla mansione.

In ottemperanza al predetto provvedimento, l’azienda ospedaliera datrice di lavoro dell’infermiere annunciava con una apposita nota di servizio che, entro il 20 dicembre 2020, sarebbero stati trasmessi al Medico Competente tutti i nominativi di coloro che non avevano effettuato la vaccinazione, per l’adozione dei «provvedimenti di competenza».

Il ricorrente, non vaccinatosi, riteneva illegittimo tale Decreto poiché, in una sintesi estrema, adottato in carenza di potere atteso che l’unico Ente abilitato ad imporre trattamenti sanitari - ai sensi degli artt. 32, 3 e 117 Cost. – era lo Stato, rilevando per di più come parimenti illegittima fosse una automatica valutazione di inidoneità alla mansione per il solo effetto di sottoporsi al vaccino antinfluenzale.

Impostazione condivisa dal Tribunale il quale, all’esito di una puntuale disamina della normativa regionale, rilevava come fosse principio consolidato nella giurisprudenza costituzionale quello per cui «il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale», ragion per cui «in questo ambito, ragioni logiche, prima che giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore statale e le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore» (così C. Cost. 18 gennaio 2018, n. 5).

In ragione di quanto sopra e preso atto dell’assenza di alcuna normativa nazionale che imponesse i vaccini in discorso, nemmeno al personale sanitario, il Tribunale accoglieva il ricorso del lavoratore disponendo la disapplicazione del decreto dell’Assessorato Regionale della Salute siciliano.

Decisione quella in commento che, riteniamo per ragioni prettamente cronologiche, non valorizza un altro profilo di illegittimità del provvedimento regionale, ossia il fatto che il ruolo del Medico Competente fosse relegato ad un agire «sinergico» (e non esclusivo) con quello del datore di lavoro il quale – peggio ancora – avrebbe «istituito un apposito data-base» del personale che aveva fruito del vaccino.

Aspetti, quelli ora evidenziati, di chiara illegittimità anche sotto il profilo del trattamento dei dati personali, attesa la patente violazione delle istruzioni recentemente diffuse dal Garante.